strumento
Clarinetto doppio (buttafuoco?), sec. XVII?
inventario
1820
rif. Catalogo van der Meer
n. 050 (=p. 59)
collocazione
MdM
 
Materiali: bosso, cuoio.
Due canne di bosso sono unite in una comune copertura di cuoio, in cui è impresso un marchio non più decifrabile (DTV?). Con ogni probabilità s'inseriscono nell'entrata delle canne tubetti con ancia semplice battente staccata dalla parete. All'uscita c'era una ghiera metallica, ora mancante.
La canna sinistra ha quattro fori sul davanti per le dita (I - III), sul retro un foro più alto per il pollice e un foro di risonanza ovale sotto i tre fori sul davanti. La canna destra ha quattro fori per le dita (I - IV) sul davanti, più in basso rispetto a quelli delle canna sinistra. La disposizione è quasi come nella zampogna a paro, con la differenza che in questo strumento i suoni alti si producono con la canna sinistra e quelli bassi con la canna destra; la disposizione delle canne è dunque a rovescio rispetto a quella della zampogna a paro. I fori per le dita non sono allineati con precisione; probabilmente il costruttore mirava alla produzione di battimenti. 
Misure: lunghezza 259; diametro delle canne 13-14; distanza tra l'entrata della canna sinistra e p 26, I 56, II 81, III 103, IV 123, foro di risonanza 142; distanza tra l'entrata della canna destra e I 92, II 115, III 134, IV 156. I fori per le dita hanno un diametro di 5-6,5 mm. Il foro di risonanza è di 8,2 x 11 mm.
Possibilità musicali: non possono essere accertate nello stato attuale, incompleto. Assumiamo per la canna sinistra Do3 - Re3 - Mi3 - Fa3 - Sol3 - La3, per quella destra Do2 - Si2 - Do3 - Re3 - Mi3; in quest'ultimo ambito il Do2 sarebbe forse utilizzabile come bordone.
Provenienza: se è giusto il presupposto che lo strumento veniva suonato con ance semplici battenti, si può pensare allo strumento citato sotto il n. 32 nel catalogo del Musaeum Septalianum a Milano del Terzago (1664): Instrumentum Calabrensibus familiare quam ludrica [sic; da leggere: ludicra] lingua Butta fuoco dicunt Africanibus quoque notum. Infatti, secondo Simeone-Tucci (Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, Roma. La Collezione degli Strumenti Musicali, Roma, 1991, pp. 269-271) è conservato un triplice clarinetto idioglotto con due canne melodiche e un bordone di provenienza calabrese. Riguardo alla scritta "Africanibus quoque notum" è da ricordare che in Egitto si suonano ancora oggi due varianti del clarinetto doppio, la zummara e l'arghul. 

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