strumento
Violino, Sassonia?, prima metà sec. XIX
inventario
3395
rif. Catalogo van der Meer
n. 126 (=p. 129)
collocazione
MdM
 
Sulla faccia interna del fondo c'è un'etichetta a stampa: Joannes Baptista Rogieri Cremonensis / Fecit Brescia Anno 16.
Materiali: acero, conifera, ebano.
Lo strumento ha la costruzione normale del violino. Il fondo in due parti e le fasce sono di acero, la tavola, pure in due parti, è di conifera. Il fondo e la tavola hanno i filetti normali. Il manico e il cavigliere sono ricavati da un unico pezzo di acero. Il manico è piatto dietro, ma è ancora sovrapposto allo zocchetto superiore. Il riccio è del restauro del 1985-86.
Mancano i piroli, i due capotasti, la tastiera, il ponticello, la cordiera, il bottone reggicordiera e l'anima. La vernice color marrone scuro è molto logorata. 
Misure: lunghezza totale 601; lunghezza della cassa 357; distanza tra la giuntura col manico e gli angoli superiori 124, gli angoli inferiori 203, gli occhielli superiori dei fori di risonanza 153, i tagli dei fori di risonanza 192, gli occhielli inferiori dei fori di risonanza 224; larghezza massima della parte superiore 166 (a 68 dalla giuntura col manico); distanza tra gli angoli superiori 155; larghezza minima della parte centrale 110 (a 160 dalla giuntura col manico); distanza tra gli angoli inferiori 179; larghezza massima della parte inferiore 202 (a 276 dalla giuntura col manico); distanza tra gli occhielli superiori dei fori di risonanza 55, tra i tagli dei fori di risonanza 72, tra gli occhielli inferiori dei fori di risonanza 129; altezza delle fasce 31,5; bombatura del fondo 14; bombatura della tavola 15; aggetto del fondo circa 2; aggetto della tavola circa 3; lunghezza del manico 131; lunghezza vibrante delle corde 317.
Restauro: lo strumento fu restaurato nel 1985-86 da Ezia di Labio, Bologna.
Attribuzione e datazione: la regione di produzione di strumenti musicali sassone-boema è sino ad oggi divisa dalla frontiera tra Sassonia e Boemia. Nella Sassonia sudoccidentale ci sono tre centri, le cittadine di Markneukirchen, Klingenthal e Adorf (quest'ultimo centro importante soprattutto per gli strumenti a fiato); nella Boemia occidentale sono d'importanza due cittadine: Graslitz (oggi Kraslice) e Schönbach (oggi Luby). Tra Klingenthal e Graslitz la distanza è di solo sei km, e ci furono sempre rapporti tra le due cittadine. A Graslitz e Schönbach si produssero strumenti musicali al più tardi nel secolo XVI. In queste cittadine, però, gli abitanti avevano una certa inclinazione al protestantesimo, a quell'epoca perseguitato nei paesi di dominazione asburgica, sicché i protestanti emigravano frequentemente nella vicina Sassonia. La produzione di strumenti musicali, e specie la liuteria iniziò a Markneukirchen nel secolo XVII e a Klingenthal nel XVIII. I liutai sassoni incominciarono con modelli tedeschi, ma all'inizio del secolo XIX adottarono modelli italiani, però senza l'alta qualità dei capolavori italiani. Generalmente esisteva nella prima metà dell'Ottocento il sistema dei rivenditori: una serie di persone produceva le varie parti degli strumenti, che erano poi composti e affidati ai rivenditori. Questa produzione semindustriale fu sostituita con un sistema decisamente industriale nella seconda metà dell'Ottocento.
Il violino descritto sopra sembra datare dalla prima metà del secolo XIX: il manico è già piatto di dietro, ma ancora sovrapposto allo zoccolo superiore. Con ogni probabilità questo violino è dunque un prodotto semindustriale dell'epoca dei rivenditori. Può provenire da Markneukirchen oppure da Klingenthal.
In parte per indicare il modello che era servito da base per uno strumento, già nella prima metà dell'XIX secolo i produttori usavano etichette false, che sono facilmente smascherabili come tali, non solo per la carta o i caratteri usati, entrambi nettamente ottocenteschi, ma anche per le date impossibili, gli errori d'ortografia o la mancanza di conformità con etichette autentiche. Nel caso presente, l'etichetta non può essere autentica perché Giovanni Baptista Rogeri sulle sue etichette autentiche si firma "Io: Bapt: Rogerius", accennando alla sua città di nascita ("Bon:" = Bononiensis); accenna poi al fatto di essere stato allievo di Nicola Amati di Cremona ("Nicolai Amati de Cremona alumnus"). È però vero che il Rogeri lavorava a Brescia, ma sulle etichette autentiche menziona la città della sua attività nella forma "Brixiae". 

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