strumento
Hans Frei?, Liuto tenore, Bologna?, 1597?
inventario
1755
rif. Catalogo van der Meer
n. 097 (=pp. 100-101)
collocazione
Sala 5
 
In parte Italia, seconda metà del secolo XVI.
Sulla faccia interna del guscio c'è un'etichetta manoscritta: Hans Frei In Bologna / 1597.
Materiali: acero marezzato, conifera, tasso, noce, eventualmente altri legni, ceralacca, ferro.
Di questo strumento una gran parte del guscio e la tavola risalgono al secolo XVI, ma in origine facevano parte di due strumenti diversi. Il manico e il ponticello provengono da un cambiamento successivo (secolo XVII o XVIII). I caviglieri e la tratta sono del secolo XIX. Il guscio ha una sagoma poco tondeggiante (lunghezza = quasi 1,5 volte la larghezza massima) ed è poco piatta (altezza = quasi 0,5 volte la larghezza massima).
Il guscio è composto di undici doghe di acero marezzato. Le doghe marginali lungo la tavola sono state abbassate, un cambiamento che risale all'applicazione della tavola attuale al guscio. Anche la calotta è di acero. La parte originale dello zochetto di conifera ha due chiodi forgiati a mano, con cui in origine fu fissato il manico. La controfascia interna è assai recente. Alle estremità superiore e inferiore il guscio è coperto di ceralacca rossa, non originale.
La tavola è di conifera. Una rosetta a base esagonale è stata ritagliata nella tavola. Sotto la tavola ci sono sette catene trasversali sulla base della divisione in nove, con catenine attraverso la rosetta, il cui centro è attraversato dalla catena 4. All'estremità inferiore della tavola ci sono una catena curva dalla parte dei bassi e due catenine poste a raggiera dalla parte degli acuti. Catene e catenine sono di conifera.
Ci sono tracce di un'altra incatenatura, non analizzabile nei dettagli. Probabilmente la tavola proviene da un altro strumento della stessa epoca e fu poi applicata a questo guscio nel secolo XVII o XVIII, quando il liuto fu cambiato in uno strumento a dieci ordini. In occasione dell'applicazione di questa tavola a questo guscio furono anche abbassate le doghe marginali del guscio. Verosimilmente a questa epoca risalgono anche le decorazioni della tavola: la doratura della rosetta e l'esecuzione di tre animali alati pure dorati.
In origine lo strumento, il cui guscio risale alla seconda metà del secolo XVI, aveva tra sei e otto ordini e un unico cavigliere piegato indietro. Il manico era piuttosto stretto, dando posto a questi ordini. Nel secolo XVII (eventualmente nel XVIII) lo strumento fu cambiato in un liuto a dieci ordini, i cui piroli furono pure sistemati in un unico cavigliere piegato indietro. A questo periodo risale il manico assai largo di tasso con diciotto filetti longitudinali di acero sul retro, e con una striscia longitudinale dello stesso legno sul davanti. Il manico è piatto sul davanti senza tastiera separata. Il manico attuale dà posto a sette legacci; quello originale può essere stato più lungo di alcuni cm. Probabilmente una striscia di conifera che rinforza gli avanzi dello zocchetto originale, congiunta a questi con altri due chiodi forgiati a mano, appartiene alla giuntura col nuovo manico. Il capotasto del manico è mancante.
Il ponticello di legno tinto nero con baffi e con fori per 10 ordini doppi appartiene indubbiamente a questo cambiamento.
La sovrastruttura intera appartiene verosimilmente al secolo XIX e fu fatta da un liutaio che non aveva capito bene la sistemazione delle corde d'un liuto. La sovrastruttura è incollata dietro al manico. E di legno tinto rosso ed è composta d'un primo cavigliere con otto piroli, una tratta ad esse che imita quella di certi liuti tedeschi a undici o tredici ordini, e un secondo cavigliere con otto piroli. Una tale sistemazione delle corde non s'incontra mai nei liuti dei secoli XVI, XVII e XVIII. Il cavigliere superiore (dei "bordoni") non ha capotasto, e non può averlo mai avuto. Nemmeno originali sono i piroli di noce tinto nero con teste rotonde e con un bottoncino in cima. 
Misure delle parti originali e di quelle aggiunte nel secolo XVII o XVIII: lunghezza del guscio 495; lunghezza della parte residua della tavola 453; distanza tra l'estremità superiore della parte residua della tavola e il centro della rosetta 187, il bordo anteriore del ponticello 367, catena 7: 61, catena 6: 102, catena 5: 138, catena 4: 188, catena 3: 237, catena 2: 284, catena 1: 305; larghezza massima 333 (a 152 dall'estremità inferiore); altezza attuale del guscio 163; diametro della rosetta 99; lunghezza del manico 215; larghezza del manico 83-88,5; larghezza del ponticello 15,5; altezza del ponticello 7; lunghezza vibrante degli ordini tastabili 583; (lunghezza totale 1191).
Accordatura: le dimensioni del guscio suggeriscono che lo strumento avesse in origine un'accordatura sulla base del liuto tenore: Mi1 - La1 – Re2 – Fa#2 – Si2 – Mi2.
Restauro: gli interventi necessari per rendere questo liuto esponibile sono del 1991.
Provenienza: Liceo Musicale (n. 6).
Interpretazione: L'etichetta descritta sopra non corrisponde alle etichette dei quattro liuti autentici provenienti dalla bottega di Hans Frei, etichette che non portano mai data. Come già dimostrò nel 1948 il Prynne, le proporzioni della cassa dello strumento descritto sopra non corrispondono a quelle delle casse dei liuti autentici di Hans Frei, che hanno casse più allungate. Il guscio con solo undici doghe e l'uso di acero suggeriscono però che si tratti d'un liuto dalla seconda metà del secolo XVI, benché verosimilmente di provenienza non bolognese. A Bologna furono attivi nel secolo XVI e all'inizio del XVII quattro liutai appartenenti alla schiera di costruttori provenienti soprattutto da Füssen e dai dintorni nell'Allgäu, attualmente nella Baviera sudoccidentale: Laux e Sigismund Maler, Hans Frei e Nicolaus Schönfeld. La cassa descritta sopra non può provenire dalla bottega di uno di questi costruttori, che, per quanto si sappia, costruirono tutti dei liuti con casse piuttosto allungate. Casse più tondeggianti s'incontrano in liuti di membri della famiglia Tieffenbrucker (ad esempio Magno I a Venezia, Leonardo a Padova, Jacob a Genova, Ulrich a Venezia e a Bologna), o anche di Georg Gerle, che fu attivo a Innsbruck. 
 
Documenti:
Documentazione fotografica (G. Tamburini, 1980)
Relazione di restauro (G.B. Morassi, 1989-91)

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